Cosa dice la Legge sulle biomasse


(Secondo il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n.401, 11 settembre 1999, "Regolamento recante norme d’attuazione dell'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n.173")

L’articolo 3, comma 1, punto n) afferma che negli impianti di combustione per uso industriale è consentito l'uso, come combustibile, delle biomasse come individuate nell'Allegato III del decreto stesso.
L' Allegato III specifica che con il termine biomasse sono individuate le seguenti tipologie di sostanze:

a) materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b) materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;
c) materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzioni forestali e da potatura;
d) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego;
e) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego.

Non ci pare proprio che la tipologia riferibile a “FANGHI DISINCHIOSTRATI” possa trovare una completa sovrapponibilità agli elementi sopra descritti dalla Legge, in maniera così precisa.

Ancora più in dettaglio si può affermare che:
(premessa: dir 2001/77 Articolo 2) ai fini della presente direttiva s’intende per:
a)"fonti energetiche rinnovabili", le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas);
b) "biomassa", la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

A noi pare proprio che la risposta al quesito della assimilabilità a fonte rinnovabile di alcuni rifiuti biodegradabili sia errata.
Infatti la finanziaria 2007 ha abrogato l'art.17 del dlgs 387 2003 (o meglio i commi 1-2-4) nei quali si rimandava ad un decreto attuativo che "formalizzasse" la tipologia dei rifiuti da classificare biomassa (decreto poi approvato nel maggio 2006 e denominato "decreto Scaiola").
Venendo meno l'articolo 17, viene meno anche l'individuazione dei rifiuti da assimilare a biomassa ed a energia rinnovabile!

Si fa poi confusione sui certificati verdi.
Essi non sono più in essere per i nuovi impianti (rimane una pesante diatriba sulla nozione di"impianto autorizzato" al 31/12 06) ma RIGUARDANO LA COMBUSTIONE DELLA PARTE NON BIODEGRADABILE DEI RIFIUTI E CIOE' IL CDR.
TUTTAVIA ALLO STATO ATTUALE LA QUESTIONE NON SI PONE PERCHE' ESISTE UN "VUOTO LEGISLATIVO" che rimanda alle uniche normative del 2002 (integrate nel 2004) che individuano per "combustibile da biomassa" solo IL LEGNO CIPPATO E L'OLIO DI SANSA.

Naturalmente in questo vuoto legislativo noi dobbiamo vigilare perchè prima o poi verrà di nuovo colmato.
Cio' vuol dire che anche in sede parlamentare bisognerà premere affinchè tante variegate "schifezze" non figurino tra le biomasse.

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Articolo tratto da: Comitati Ambiente di Diecimo e Valdottavo - http://www.diecimo.it/public/
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